Verso la fine del V sec. il Cristianesimo era ormai affermato in tutta
la campagna milanese, sorsero allora le chiese battesimali o matrici che
avevano giurisdizione in un ambito chiamato pieve (dal latino plebs,
popolo) comprendente diverse comunità. La pieve di Dairago, come molte
altre, abbracciò il territorio di un antico pagus, costituito
da un certo numero di vici, ricalcando così non solo la
sussistente distrettuazione romana, ma addirittura la preesistente
circoscrizione di origine celtica.
L’impianto urbano di Dairago risale all’epoca altomedioevale;
dell’antico l’abitato rimane tutt’oggi l’impronta della cerchia
difensiva, conservata nella conformazione circolare che racchiudeva le
case e gli orti attorno alla chiesa plebana. Con l’aumentare della
popolazione il paese si sviluppò verso est, seguendo uno schema a “spina
di pesce”, tramite vicoli diramantisi dalla via principale.
Il più antico documento pervenutoci è una pergamena risalente al giugno
922, in cui viene nominato Domenico da Inveruno arciprete della chiesa
di S. Genesio di Dayrago.
Col diffondersi della vita comune del clero (XI sec.) S. Genesio divenne
una collegiata, ossia la residenza di un capitolo di canonici con a capo
il prevosto. I canonici si recavano nelle chiese della pieve per i
bisogni del culto, mentre per le funzioni più importanti, il battesimo e
gli altri sacramenti, tutti i fedeli dovevano convenire nella chiesa
plebana, luogo in cui venivano formati anche i nuovi sacerdoti.
Quale testimonianza artistica di quei secoli, rimane la pila marmorea
del fonte battesimale con quattro angeli agli angoli, forse in origine
un capitello romanico istoriato, successivamente svuotato per il nuovo
impiego.