Gli affreschi della Madonna in Campagna
Il cavaliere disarcionato
A favore della chiesa della Madonna in Campagna fece voto Bernardino Casati, il personaggio più importante di Dairago nella prima metà del XVI secolo; tale donatore può essere identificato con il cavaliere raffigurato sulla parete settentrionale del santuario, mentre prega in ginocchio Maria, comparsa tra le nubi col Bambino in braccio (430 x 330 cm).
La tradizione orale interpreta la scena pittorica come il fatale prodigio compiuto dal cielo contro un altero comandante che, passando davanti alla cappella della Madonna senza accennare un saluto, fu sbalzato di sella dal cavallo, stramazzato davanti all’immagine miracolosa; il cavaliere pentitosi promise di edificare la chiesa.
Il personaggio, nonostante sia ritratto in ginocchio, si mostra fiero e impettito nella sua divisa di capitano d’arme al servizio della Spagna; il paesaggio circostante appare come un semplice fondale di scena, con veduta su una vasta distesa di campi, così da creare un panorama di fantasia, quantunque sia possibile identificare il borgo dipinto sulla destra con Legnano.
Sulla cornice inferiore dell’affresco, ai piedi del cavaliere, è stato aggiunto in epoca successiva un cartiglio con il nome FRNØ DE CRUCE, ossia Francesco della Croce esponente della più cospicua famiglia dairaghese, il cui patrimonio passò alla fine del Quattrocento ai Casati, grazie ad opportune alleanze matrimoniali.
Il figlio di Bernardino Casati, Giovanni Francesco, dopo aver condotto una vita dissoluta e praticato ogni sorta di soprusi, si era alfine ravveduto a seguito di un incontro con san Carlo Borromeo.
Dopo la conversione, volle che nella chiesa della Madonna gli eredi facessero celebrare in perpetuo una messa quotidiana, per la salvezza della sua anima; il sacerdote officiante doveva essere “idoneo” e “da bene”, nominato direttamente dall’arcivescovo di Milano.
Anche il figlio di Francesco, Camillo Casati, fece larghi doni alla chiesa della Madonna in Campagna, venendovi addirittura sepolto.
Il figlio di quest’ultimo, Francesco Maria, scampato alla peste del 1630 dopo un voto alla Madonna, con il suo testamento gravò gli eredi a spendere 500 lire imperiali per il restauro e l’abbellimento del santuario.
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